Quando Nettuno era giovane si chiamava Solleone. Era il sole nella sua massima potenza e leone dalla chioma solare; insomma un bel giovane tondo e maturo, nel pieno della sua bellezza fruttuosa, simpatico, ricco, potente e generoso, a volte un po' gradasso, ma sempre amabile con le donne. Un giorno cominciò a perdere i denti. Cadde il primo, il secondo, il terzo e così via. Venne anche per lui il momento di cadere: cadde in acqua e prese forma di Nettuno. Nessuno ha mai tanto sofferto per i denti quanto Nettuno, perciò divenne il dio del brodo primordiale, il mare. Di tanto in tanto la sua testa affiora sul profilo dell'acqua e sembra ancora incoronata da qualche raggio di sole, da radi ciuffi di chioma leonina. Emerge soltanto fino alle narici a respirare e poi sprofonda.
Vado spesso in giro per il bosco, qui un bosco mi gira attorno. Larghe foglie sono cadute, fragrante manto di sottobosco, foglie ampie e distese di latifoglia, dai caldi colori autunnali. Dalla collina leggeri aquiloni romboidali attendono di volare. Non c'è piuma al vento. Non c'è donna senza foglia.
Se dovessi morire cosa farei?
Niente di meglio che questo:
stai toccando la mia tomba
squadrata e ben finita,
scoperchiabile a piacere e visitabile.
Dentro c'è un mucchio di ossa tonde e sode,
piene di curve in carne, geometriche e tornite,
paraboliche tutte da immaginare,
ossa di animali primordiali
come quelli di Pino Pascali,
ossa di dinosaura: che animale sconosciuto.
Dentro ci metto me, ossicino stecchito.
Riposerò bene tra questi guanciali?
Finora da sveglio mica tanto:
sia con ossa in carne ed ossa,
deste o dormienti,
così calde e odorose da svegliare i morti;
sia con ossa di sogni,
piume che escono indiscrete dal cuscino
e mi solleticano finché mi sveglio.
Dovrei forse farmi una tomba diversa,
in cui dormo finalmente da solo?
Stampa è la cattedrale conica che contiene coni. Il cono è la prima cosa che da terra si alza verso il cielo. I coni sono i più puri seni geometrici, seni con curve coniche. I coni sono i seni di pianeti sconosciuti e di grotte concave materne. I coni sono come seni dentati come denti di cane. I coni d'Egitto sono quadrati. Il cono è la tenda di certi indiani. Coni concavi sono trappole mortali. Conica lingua, che gara linguistica devi fare intorno al cono di gelato che cola al caldo! I piccioni si nutrono anche con i coni unti di sgelato. I coni sono punti esclamativi sulle teste delle fate. Il cono è il cappello delle campane. Coni soffocanti per candele ardenti. Coni di conchiglie, conigli, conifere ... Una coda che suona è una cona. I diaconi, dicono, conoscono coni canonici, laconici e platonici. Il conato di chi scende la china del cono. I buchi neri sono concavi seni conici. In Cina c'è la china di cono nero. Io conosco: sono conico. I cappucci dei frati sono coni flosci. Coni al forno diventano incandescenti ad una certa temperatura, oltre alla quale piegano la punta. Coni e tuoni! Coni e buoi, cazzi tuoi. Coni di ghiaccio denti di buone cagne in bocche di grotte arcane. L'odore conico smussato di un vecchio pezzetto di formaggio dimenticato nel frigorifero (accantonato dai fratelli freschi). - Midìa un chiloemezzo di meleconiche. - Come? - - Mele coniche - - Non capisco! - - Pere! - - Melanconiche? - Coni di sabbia a terra e piombi conici appesi ad un filo. Agili sottane coniche sono ombrelli semiaperti che raccolgono rovesci una pioggia a dirotto di sguardi diretti a quelle gambe snelle discendenti scale a pioli.
La più spinta E' quella con cui fai di tutto e proprio tutto La prendi da davanti e di didietro da sotto e di sopra da fianco o di lato è una croce al quadrato Su e giù per le scale avanti e in dietro presto che è tardi piano ch'è presto attenta mi fai male si, ancora, che male fai presto, forte, dai cosa aspetti? che bello! Continua il concerto Questo tasto è nero che caldo andiamo al cimitero sulla tomba dei nonni c'è un fresco Viene anche il cane? Va bene: salame! C'è un poliziotto? Facciamo fagotto! Ti prego scappiamo tappiamoci in casa Porta una corda la leghi alla porta la corda si slega la donna si piega e si spiega tutta e tutto ti spiega Poi cade a terra distesa L'arrotoli sul tappeto La porti in spalla al mare La srotoli sulla spiaggia La mostri ai bagnanti e dici ai curiosi: - la donna è di tutti - e chiami i vogliosi: - venite a toccare succhiare godete! Si può fare così - e fai così. Loro faranno e diranno: - anche così? - si, va bene tutto sembra finta ma parla e urla è sempre contenta - Ma non si stufa? - Mai. Prima tu - Ma gode? - Sempre - Ma piange, qualche volta? Soltanto la fica - Insomma, è insaziabile - Si, è infinita, guarda aprila con le dita - Ma morde? - No, abbaia per chiamarti a chiavarla Quando sei stufo le rodi le labbra per farti un guanciale di petali rosa Poi la butti in mare Se vuole sta a galla è vela sull'onda Se vuole sprofonda
La lupa appare agli adolescenti che si perdono, o a chi si perde più avanti. Tanto li aiuta che si fa in quattro. Infine indica loro la strada e non si fa più vedere. C'è chi non si perde e saprà poco o nulla della lupa. Qualche curioso proverà a cercarla, ma sarà fortunato. Tra chi l'ha trovata i più la dimenticano presto, e vedono il mondo colorato. Altri vorrebbero ritrovarla, e sono perduti. Quando la lupa se ne va non lascia orme né tracce. Chi la cerca avverte la sua assenza in tutte le cose che diventano pallide, trasparenti. Gli oggetti e gli esseri paiono sbiancati, scheletrici, e i loro confini vengono passati e trapassati senza incontrare sangue che sporchi, sasso che pesi, notti avvolgenti, sogni distinti. Il disgraziato più cerca la lupa più trova spinose trasparenze. Meglio per lui che si adatti a cercare rette e curve astratte tra le trame delle cose e si dedichi con impegno alle scienze esatte.
Un mattino di buon'ora incontrai per strada un'amica, una bella ragazza dalla pelle perla e capelli neri con viso ovale. Portava degli occhiali a specchio, una grande borsa e un leggero vestito estivo, ma non faceva tanto caldo. Le chiesi: - Dove vai tutta sola? - - Al mare, a prendere il sole! - - Con gli occhiali? - - Certo: con gli occhiali, da sola! - La salutai, anche lei. Avevo voglia di girarmi a guardarla ma anche no. Quando mi voltai aveva già passato l'angolo. Un'altra volta che la vidi per strada le chiesi com'era andata al mare quel giorno. Me ne parlò da farmi sentire caldo e pensai: questa ragazza prende tutto il sole per sé e ne parla in modo così cattivante che mi rende geloso, ma poi passa. Finché parlava immaginai che venisse un improvviso acquazzone, e vedevo bagnarsi i suoi lunghi capelli neri vaporosi, le gocce sgonfiarli e modellare il volto ovale che prendeva un bel guizzo verticale di una bellezza unica di girino bianco e nero, e altre gocce cadere sul vestito leggero e modellare altri ovali morbidi meno verticali ma con curve catenarie da fare impazzire tanto i geometri che gli ignoranti. Così ad un certo punto dissi: - Beh, vieni ad asciugarti? Abito qui. - - Come? Che matto che sei, cosa dici? Non sono bagnata, c'è il sole... Ti mando una cartolina dal mare, la prossima volta. Ciao. - - Ciao - ed entrai subito in casa. Però i suoi capelli bagnati, da dietro ...Quando rividi la mia amica fu così onesta e gentile che subito mi disse: - Oh scusami, non ti ho mandato la cartolina, proprio dimenticata - ed avvicinandosi teneramente mi diede un bacino che ricambiai. - Se vuoi però ti racconto tutto. - - Va bene, facciamo quattro passi - e mi raccontò proprio tutto per filo e per segno, dell'isola, del mare, del sole e di lei, trascurando però i dettagli che potevo immaginare... che sapeva che potevo ... che voleva? Tutto avrei potuto immaginare e lo sapeva, di ciò che taceva; anche quello che diceva. Allora poteva stare zitta... lo sapeva che poteva stare zitta?... Certo che lo sapeva, ma parlò perché aveva voglia di cantare. La sua voce mi accompagnava su e giù per lunghezze e frequenze, onde e scale, e mi dava le temperature calde e umide, interne ed esterne, di una bellissima ragazza di sole al mare. L'isola era rossiccia, nascosta dalle canne. Solo il sole poteva entrare.
Una ragazza timida va da uno psicologo. Dopo un saluto reciproco, qualche convenevole, e le consuete domande preliminari seguite da risposte laconiche, lo psicologo le chiede: - Allora, signorina, provi ad espormi con calma il suo problema, o i suoi problemi, iniziando da dove le sembra più opportuno -. Un po' di silenzio. Il medico osserva distaccato la ragazza timida ma viva. Vede che sta per dire qualcosa con le labbra che tremano. - Hotantemutande - risponde veloce con voce vibrante e non aggiunge altro pensando che ormai ha scaricato tutto il suo pesante e problematico segreto. Stremata, ma quasi stupita della facilità della confessione cui si prepara tanto, ancora imbarazzata, ma liberata, aspetta fiduciosa titubante la risposta dallo psicologo. Il dottore suppone che un certo numero di mutande sia un buon provvedimento igienico, ma può darsi che sia esagerato, e che nasconda dei risvolti problematici; forse la ragazza è una collezionista ... che bello però, chi sa quante e quali varietà ... farà degli spogliarelli allo specchio o proverà un irresistibile piacere a mostrarle agli amici, alle amiche... improbabile... in ogni modo un caso interessante. Il dottore rompe il silenzio: - Ho capito. Ora, signorina, le porrò delle domande. Lei cerchi di rispondere con tranquillità, come le sembra più opportuno, senza timore, senza fretta. C'è tutto il tempo che vuole. Vediamo. Potrebbe dirmi grosso modo quante mutande possiede? -. - Mah... non so. Aspetti...(fa qualche conto). Una sessantina circa -. - Mi sembra un buon numero, ma non esagerato. Mi dica: ha problemi di ritenzione? di mestruazioni? Si ricorda se faceva spesso la pipì a letto da piccola? -. La ragazza dubita che il dottore abbia capito, ma non ha il coraggio di crederlo. Seè psicologo avrà capito, ma perché le pone queste domande? Avrà bisogno di dati collaterali, circostanziali. Sconfortata, imbarazzata, si rinchiude in se stessa e non vede l'ora di andare via. Risponde: - Niente di tutto questo, dottore -. - Si cambia spesso gli slip? -. - Una volta al giorno o due -. - Prova piacere a guardarsi allo specchio? -. - Come tutte le ragazze -. - Sente il bisogno di lavarsi frequentemente? -. - Quanto basta! -. - Senta, signorina, con queste domande cerco di tastare il terreno per vedere seè possibile estrapolare subito il problema, ma le sue risposte sono estremamente laconiche. Non abbia timore. Cerchi ora di raccontarmi la sua infanzia, o gli episodi che le sembrano degni di ricordo, come erano i rapporti con i genitori, i fratelli e sorelle, i giochi ...-. La ragazza compie un certo sforzo per evocare. Con penosi silenzi tra un banale ricordo e l'altro, racconta qualcosa. Lo psicologo ascolta intervallando qua e là qualche domanda. Non riesce a trovare alcun elemento di rilievo che spieghi il significato della frase iniziale. Eppure sembrava così semplice. Sarà per la prossima volta. La sedutaè finita.- Quanto le devo? - chiede la ragazza, rossa in volto. - Cinquantamila. Le fisso intanto l'appuntamento tra quattro o cinque giorni, ora guardo ... -. - No, non si preoccupi, non vengo più. Lei prima ha detto che aveva capito - pronuncia stentatamente la ragazza, quasi singhiozzando - e invece non ha capito proprio niente... e non capisce... lo sforzo che ho fatto, il mio imbarazzo, l'umiliazione... - e se ne va, piangendo a dirotto, verso la porta. - Signorina, aspetti! -. Se ne va. * * * Una ragazza timida va da uno psicologo. Dopo un saluto reciproco, qualche convenevole, e alcune domande preliminari seguite da risposte laconiche, lo psicologo le chiede: - Allora, signorina, mi dica il suo problema -. Un po' di silenzio. - Hotantemutandem - risponde la ragazza. - Quantem? -. - Mutandem -. - Ma ora, quante? -. La ragazza si alza, e da sotto le gonne comincia a togliersi con calma un paio di mutande dietro l'altro, deponendole sulla sedia. Il giovane dice: - Sai, ho già visto una scena del genere nel film "Il diario di Anna Frank". Ho l'impressione che tu sia arrivata a destinazione -. Anch'io, ma non ho visto il film. Me lo racconti? -.
Questa è la foto che non avrei dovuto fare ma che ormai è fatta, e anche bella in pasta. Il mio migliore amico lavora con l'esercito, nell'astronautica. Un giorno mi ha chiesto se potevo andare, anzi mi ha detto - devi andare -, a fotografare un pianeta sconosciuto. Sono andato, ho fotografato, sono tornato. Siccome voleva sapere, gli ho dato delle indicazioni, ma io non so ancora, non voglio sapere: mi prendo un intervallo, è stato un intervallo.